Il quartiere Coppedè è un complesso di edifici situato a Roma nel quartiere Trieste.
Pur non essendo propriamente un quartiere, venne così chiamato dallo stesso architetto che lo ha progettato e da cui prende il nome, Gino Coppedè. È composto da diciotto palazzi e ventisette tra palazzine ed edifici disposte intorno al nucleo centrale di piazza Mincio.
Nel 1915 la Società Anonima Edilizia Moderna, ha l’idea una zona abitativa a Roma. Il progetto viene affidato a Gino Coppedè. I finanzieri con Coppedè, vollero ripercorrere, su Roma, il percorso avviato a Genova con lo stesso Coppedè. Il quartiere nasce sul piano tra non poche difficoltà e contrasti tra la commissione edilizia e l’architetto Coppedè, con vincoli imposti dalla sovraintendenza della commissione edilizia. Nel 1921 vengono terminati i Palazzi degli Ambasciatori ed il quartiere rimase incompiuto da Coppedè alla sua morte avvenuta nel 1927.
Il quartiere fu completato da Paolo Emilio Andrè. Il piano dell’opera comprendeva inizialmente la costruzione di 18 palazzi e 27 edifici tra palazzine e villini. Il 23 agosto 1917 la commissione edilizia fece una richiesta a Coppedè di dare al quartiere un’impronta romana. Così Coppedè utilizzò il tema della Roma antica come le cornici e le modanature alla Roma imperiale ed un arcone richiamante gli archi di trionfo del Foro Romano.
Nel febbraio del 1918 viene approvato il progetto dei Palazzi degli ambasciatori con la condizione di chiudere la via diagonale per farla diventare una via privata. Nel 1920 venne rifiutata la costruzione dei Villini delle Fate. Per la realizzazione venne usato il travertino (sempre in onore della Roma imperiale) mentre gli interni sono realizzati in maiolica smaltata per le cucine, con parquet in legno per i soggiorni e mosaici in stile pompeiano per i bagni.
L’ingresso principale del Quartiere Coppedè, è rappresentato da un grande arco che congiunge due palazzi. Poco prima dell’arco si trova un’edicola con una statua di Madonna con il Bambino. Sotto l’arco, oltre a due balconi, si trova un grande lampadario in ferro battuto. L’arco è decorato con numerosi elementi architettonici, che hanno la caratteristica di essere disposti in modo asimmetrico.
Superato l’arco, centro del quartiere si trova una piazza . In mezzo alla piazza sorge la Fontana delle Rane. La fontana è costituita da una vasca centrale, di pochi centimetri più alta del livello stradale, con quattro coppie di figure, ognuna delle quali sostiene una conchiglia sulla quale si trova una rana dalla quale zampilla acqua all’interno della vasca. Dal centro della fontana si innalza una seconda vasca, di circa due metri di altezza, il cui bordo è sormontato da altre otto rane.
L’arco che sormonta l’ingresso del palazzo della piazza è una fedele riproduzione di una scenografia del film Cabiria del 1914.
Per la sua particolare architettura il Quartiere Coppedè fu scelto dal regista Dario Argento come sfondo per alcune scene dei suoi film l’uccello dalle piume di Cristallo e Inferno.
In una delle villette del quartiere aveva la sua casa romana il tenore Beniamino Gigli.